Intervista: Marco Iozzi

Ho scoperto da poco un Maestro degli effetti visivi. Marco Iozzi è un professionista che ha lavorato per produzioni come Harry Potter, Angeli e Demoni e in studi del calibro di Psyop. Il suo show reel è veramente incredibile, e la sua figura professionale non è facilmente inquadrabile in un settore ben definito, si occupa di Look Development e Visual Effects Design.

Vi invito a guardare il suo sito per rimanere colpiti dalla quantità di lavori e riconoscimenti che ha ricevuto a soli 33 anni.
Ecco cosa ci dice riguardo al suo lavoro e alla sua esperienza all’estero:

Showreel

marco_iozzi_showreel

Qual’è la parte della tua istruzione che ti è servita di più per arrivare al grado di professionalità in cui ti trovi ora?

Penso che tante materie ed esperienze di vita contribuiscano a far crescere il livello di professionalità, non tanto dal punto di vista tecnico ma dal punto di vista creativo, di contenuto. Decisamente nel mondo della computer grafica la tecnologia è lo strumento fondamentale, quindi stare dietro alle innovazioni, e conoscere i pacchetti è fondamentale, ma spesso, purtroppo, se ne diventa schiavi, perdendo il vero scopo, che è l’espressione, non il mero esercizio tecnico. Per me lo studio all’università di materie quali fotografia, comunicazione dei nuovi media, teorie cinematografiche ha sicuramente aiutato. Ma mi è servito parecchio , come per tante persone, quello che ho sempre e continuo a studiare per mia conoscenza personale. Quindi libri sul montaggio, la regia, la composizione, la fotografia etc… tutti campi e mestieri che possono, in maniera così creativa, rientrare nel mondo della computer grafica. E’ questo il lato interessante, tecnologia più avanzata al servizio di un’idea.

La tua figura professionale non è inquadrabile in schemi precisi, come ti sei evoluto dalla fine degli studi ad oggi?

Ho frequentato, dopo 3 anni di università, un corso di animazione per effetti digitali, un corso molto corto e sicuramente superficiale, considerando il tipo di educazione in questo settore che viene offerto all’estero. L’ evoluzione è stata dopo i primi due anni di lavoro in Italia, sicuramente all’estero, dove ho scoperto e da lì sviluppato la mia area di interesse, la fotografia e il look.
Purtroppo in Italia ci si deve inventare spesso e ricoprire più ruoli, diventando un generalista, ma io trovo che ad alti livelli questo non porta, produttivamente,a buoni frutti se non accompagnato da una specializzazione che viene da una vera passione.
La base da generalista per me è importante, perchè hai una visione più obbiettiva del processo, ma devi secondo il mio parere avere la tua area di forza. Già dicendo fotografia e sviluppo del look si parla di un campo molto largo. La vera evoluzione per me è stata non fermarsi all esecuzione degli effetti per cinema e pubblicità nella catena produttiva, ma portare questa conoscenza e “gavetta” verso la pre produzione, verso l area creativa / decisionale.

Qual’è la parte della catena produttiva che ti piace di più e nella quale sei più stimolato?

Come dicevo sopra, sicuramente la direzione artistica, il design degli effetti e quindi lo sviluppo del look, con una mente rivolta poi alla produzione, quindi utilizzando parecchi degli strumenti e tecniche che poi verranno effettivamente utilizzate in produzione, sia la mia area di competenza.

Quali differenze hai trovato tra lavorare in Italia ed all’estero?
Per quanto riguarda l’estetica, sia nel cinema che nella pubblicità, l’Italia sembra essere sempre un passo dietro (in linea generale) con il resto dell’europa. Pensi che sia una quastione di buget o di scelte estetiche mirate?

E’ un discorso lungo e complesso, e potrei dire tante differenze come anche poche, perchè tutto il mondo è paese, e spesso si ha un’idea dell estero e delle grandi produzioni come macchine perfettamente oliate senza difetti.
La verità è ben lontana.
Trovo però fondamentalmente diversa la cultura visiva e artistica non solo degli artisti di produzione ma anche dei clienti, punto fondamentale. All’estero rischiano di più, sono più aperti a stili diversi, alle idee. Questo processo, fatto anche di fallimenti, porta comunque alla crescita e allo sviluppo, come si dice in inglese, it pushes the envelope.
Il budget è sicuramente un problema, ma io non voglio giustificare l’arretratezza dell Italia in questo campo solo con una questione di soldi.

In quest’industria non ci sono orari.Qual’è il tuo record di ore di lavoro consecutive?

Non ci sono orari e spesso si vive “attorno” allo studio, cosa che per altro, per quanto stressante e di cui spesso ci si lamenta, diventa una seconda natura, e quando non vivi più quella pressione, qualcosa manca.
Soprattutto in pubblicità dove i tempi sono molto stretti.
Ricordo esperienze a Sydney nel cinema, quando spesso mi ritrovavo ad uscire dallo studio e doverci ritornare a notte fonda chiamato dal render wrangler perchè le scene da renderizzare avevano problemi e bisognava, soprattutto visto magari l utilizzo di custom tools, sistemare il tutto prima possibile prima dei dailies del giorno dopo.
Ma ricordo anche a Milano forse un 40 ore continuate il giorno prima della consegna del progetto, tra un caffè ed un’altro.
La cosa importante è capire che ci può stare una situazione del genere, e da un lato, per quanto mi riguarda, è anche affascinante e divertente, ma è anche giusto rendersi conto che se la cosa succede di sovente allora ci troviamo di fronte
ad un caso di mala organizzazione / gestione / supervisione, e le persone non dovrebbero accettare tali situazioni.

Articolo redatto da Stefano Paron

Marco Mucig

L’idea che ha avuto Marco Mucig per la sigla del Bicycle Film Festival può essere definita “grafica in movimento” nel vero senso della parola.
Persone che “vestono” delle lettere e poi corrono con biciclette di ogni genere per la città. Ecco cosa dice l’autore di questa esperienza.

Come è nata la collaborazione con il BFF?

La collaborazione con il BFF è nata l’anno scorso, quando ho realizzato un flyer per la festa finale
Per l’edizione di quest’anno invece Brendt Barbur (fondatore del BFF) mi ha chiesto di seguire tutta la comunicazione del Festival a livello internazionale

Come è stato girare a Toronto?

Nonostante le poche ore di sonno e il jetlag sono riuscito insieme a Benny Zenga e Sean Corcoran a costruire, coordinare e far mouvere per la città un gruppo di lettere di cartone su delle biciclette! è stata davvero una follia: guidare le bici era difficilissimo, figuriamoci muoversi in modo coordinato.
La gente poi impazziva quando ci vedeva per strada: tutti correvano per chiedere cosa stavamo facendo o a fare foto! Le riprese sono state interrotte un sacco di volte con la gente che entrava in campo o i flash che rovinavano i materiali: insomma un delirio hehehehe

Come ti è venuta l’idea di fare le lettere in bicicletta?

L’idea mi è venuta nella ricerca di creare una campagna che funzionasse sia per la stampa che il video. In realtà come per molti altri lavori mi immaginavo solo alcuni frame, come l’immagine iniziale delle ombre. Poi da lì ho costruito lo storyboard finale mentre ero a Toronto e vedevo le location e sapevo quante bici e quali bici avevo a disposizione

BFF ‘09 Trailer – Bicycle Film Festival hits Europe, Australia, Japan

Clicca qui per vedere il video incorporato.

BFF ‘09 – Bicycle Film Festival trailer 2009

Clicca qui per vedere il video incorporato.

Articolo redatto da Stefano Paron

A Talk With: Soyuze

Salvatore Giunta, a.k.a. Soyuze, è un giovane motionographer di origine siciliana, classe 1984, operante a Milano da sette anni. Dopo gli studi in Accademia, entra nel mondo della grafica con un corso all’istituto Europeo di Design, trampolino di lancio per le prime esperienze nel settore: dalla post-produzione all’illustrazione destinata alle t-shirt. Le porte della motion graphics si schiudono per lui con MTV Italia, all’interno di cui realizza bumpers ed opening per programmi cult come Rock Legends, 10 of the Best, Friday Fever, A Night With. Idents diventati poi dei veri “classici” dell’emittente. Soyuze lavora adesso come freelance ed annovera nel suo portfolio clienti aziende come MTV, Comedy Central, Armani Jeans, Sony, Istituto Europeo di Design e Disney.
Abbiam chiesto a Soyuze di raccontarci qualcosa di lui e del suo lavoro.

La cultura della motion graphics è sempre stata legata a doppio filo alla programmazione di Mtv, rete dalla forte identità visiva. Qual’è stato il tuo approccio ai progetti sviluppati per loro? Quanto margine creativo ti è lasciato e quanto, invece, deve corrispondere alle esigenze di una estetica già studiata e sperimentata?

Ricordo che il primo periodo da MTV è stato abbastanza difficile. Passai le prime settimane a fare e rifare un progetto che poi non fù realizzato…Mi è servito un po’ di tempo prima di entrare pienamente nella loro filosofia. E’ un contesto dove le componenti estetiche e concettuali richiedono un forte impegno di progettazione e ricerca stilistica. Ad esempio, sono di fondamentale importanza il disegno delle tavole e l’utilizzo della tipografia. Una tavola può anche essere composta da tre elementi, ma se disegnati nel modo giusto riescono comunque a trasmettere un forte impatto estetico. È sicuramente una delle poche realtà in Italia dove si riservano ampi spazi alla creatività del progettista… Non hai nessun tipo di vincolo!

Sebbene il bumper sia di per sé una forma che richiede uno sviluppo conciso, gli elementi in esso presenti son sviluppati ed associati con una certa coerenza narrativa (penso ai dadi della Top10 o ai ragni “urbani” di A Night With). Solitamente parti da uno storyboard o improvvisi su una suggestione?

Di solito cerco sempre di trovare un concetto che possa rappresentare per vie traverse il titolo del programma. Nel caso della Top10 volevo trovare degli elementi che rappresentassero i dieci numeri della classica sui quali strutturare l’intero progetto.
Il dado è stato una delle prime cose a cui ho pensato e – una volta identificatolo come elemento portante – ho iniziato a lavorare sullo story. Ogni posizione è caratterizzata da un lancio di duedadi, quando smettono di rotolare la somma delle facce corrisponde al numero del bumper. Sempre dai dadi ho estrapolato i cerchi delle facce che ho poi utilizzato nella grafica come elementi decorativi, mentre l’utilizzo del colore verde deriva dal tappeto del tavolo da gioco, utilizzato anche come colore di sfondo nello shot finale del logo.
Stesso procedimento per A Night With: individuare degli elementi che riuscissero a dare continuità al nome del programma. In questo caso l’idea è stata quella di utilizzare degli insetti, per prima le falene, classiche farfalle notturne, poi accompagnate dai ragni e millepiedi. Anche qui, una volta identificati gli insetti come elementi caratterizzanti, sono passato alla definizione dello story e di seguito al disegno delle tavole

stills

Che rapporto hai con la componente tipografica? E quella musicale?

L’utilizzo della tipografia è fondamentale! In alcuni casi, scegliere il giusto font può determinare lo stile del progetto e di conseguenza la sua buona riuscita. Mi capita spesso di partire da una ricerca tipografica come prima fase di un progetto: in un carattere riesco a vedere un mondo, un immaginario, uno stile che mi aiutano tanto a costruire la base del lavoro (es. Rock Legends). Stessa importanza per la componente musicale: il valore audio corrisponde a circa il 50% del risultato finale, in alcuni casi anche di più!

Una domanda di rito. Principali software utilizzati?

Disegno il 90% degli elementi in Illustrator, trattamento in Photoshop ed infine animazione 2D in After Effects.

Allargando il campo: cosa ti ispira? Tra cosa vaghi quando sei in cerca di ispirazione?

Siamo tutti costantemente influenzati dalle situazioni nelle quali ci muoviamo, e, con il passare del tempo, queste caratterizzano il nostro modo di vedere e di pensare. Un video, un brano. Un oggetto. Forse una città o una persona. Tutto quello che ci circonda è un elemento di ispirazione, anche se magari non ne siamo coscienti.

Articolo redatto da Didier Falzone

Megaforce for Metronomy

La band si chiama Metronomy: vengono da Londra, suonano qualcosa che potremmo definire elettropop e, a giudicare dalle camicie, hanno eletto Magnum PI ad icona di stile.

Il video di “A Thing For Me”, spassosissimo, è stato realizzato dal collettivo francese Megaforce, ovvero Raphaël Rodriguez e Charles Brisgand di SPAM!, Clement Gallet e Leo LeBug. Attivi in vari settori, dalla pubblicità alla musica, i quattro designers hanno deciso di metter su la label Megaforce, esclusivamente dedicata ai video musicali.
Abbiamo chiacchierato con Charles e Raphaël per farci raccontare qualcosa su questo lavoro.

Da cosa nasce l’idea alla base del video? Siete stati colpiti da un pallone durante una sessione di karaoke?
Eravamo tutti quanti dei calciatori prima. In realtà è proprio così che ci siamo incontrati, quindi il pallone è per noi un elemento speciale. E l’idea del karaoke è venuta poi spontanea.

Che mi dite della location? Gli interni della casa à sono un po’ à la Martin Parr ..
Abbiamo trovato la casa tramite un nostro amico. Avevamo a disposizione o questa o un appartamento di sole due stanze di un metro e mezzo d’altezza…. Beh, abbiamo scelto la casa!

Cosa avete utilizzato per la post-produzione?
Praticamente abbiamo fatto tutto con iMovie, poi il nostro amico Fred ci ha aiutato con la palla 3D realizzata in SketchUp.

Potete rivelarci qualcosa sul vostro manifesto “lo-fi”? Suvvia, lo so che ne avete uno!
Ma no, nessun manifesto “lo-fi”: è soltanto che non avevamo grossi budget a disposizione! I video “a bassa fedeltà” dipendono fondamentalmente dalle possibilità economiche, e poi – certo – dal tipo di idea e dalla band. Ci siamo inseriti nel mondo dei video musicali da poco (i video per Late of the Pier e Naive New Beaters. Ndr.), e vogliamo esplorare quante più direzioni possibili.

Clicca sull’immagine per vedere il video.

metronomy

Credits:
Client: Metronomy
Production Company: El Niño/ Soixan7e Quin5e, Paris
Director: Megaforce


Articolo redatto da Didier Falzone