Uno spettro si aggira per il MoMA

Uno spettro curioso e canterino, coreografo d’una assurda battaglia tra divise di un altro colore. E’ il protagonista del video di No One Does It Like You, primo singolo estratto da In Ear Park dei Departments of Eagles per la storica etichetta 4AD.
Questa piccola perla di malinconica dolcezza è stata presentata negli scorsi giorni nella prestigiosa cornice del MoMA in occasione di PopRally, serie di eventi basata sull’interazione tra artisti visuali e musicisti voluta dal museo newyorchese con la partnership del Centro d’Arte Contemporanea P.S.1. Proiezioni inedite, performance ed esibizioni live degli artisti coinvolti sono l’eccezionale cuore dell’iniziativa. Presenti alla premiere del video, oltre alla band, le fervide menti che hanno dato vita all’opera, ovvero Patrick Daughters e Marcel Dzama.

Daughters lo conoscete già. Asso della scuderia The Directors Bureau, ha diretto video per Feist e Yeah Yeah Yeahs e, proprio in questi giorni, lo ritroviamo sugli schermi con Wrong, singolo apripista dell’imminente album dei Depeche Mode accompagnato da un video à la Lynch e vagamente KarmaPoliciano.

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Marcel Dzama è invece un artista canadese dalle modalità dadaiste, specializzato in piccole illustrazioni, collages e, recentemente, sculture e video. I suoi lavori fanno parte delle collezioni del Tate museum e la sua passione per la musica lo ha portato in passato a collaborare con artisti del calibro di Beck (per la cover di Guero), Bob Dylan e They Might Be Giants. Per questo video Dzama ha realizzato i costumi ed il set.

Alcune opere di Marcel Dzama

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© Sies + Höke

L’impronta di Dzama è molto evidente nelle tinte e nella costruzione dei personaggi, e le maschere (elemento presente anche nel succitato video di Daughters per i Depeche Mode, nda) donano al tutto un’atmosfera di straniamento e creano un pressante senso di attesa.

Un gioco alla guerra infantile crudele e clownesco, vicino per sensibilità alle guerre in miniatura del fotografo-artista Paolo Ventura, deus ex-machina di un universo bellico incantato e nostalgico.

Articolo redatto da Didier Falzone

Happy up here – Röyksopp

C’è crisi dappertutto, ma in Norvegia – in realtà – son felici lo stesso. O almeno è ciò che affermano i Röyksopp con il titolo scelto per il singolo apripista di Junior, il loro nuovo album. Happy up here, diretto da Reuben Sutherland, regista con poche clips musicali alle spalle ma con una precisione tecnica ed una coerenza estetica di tutto rispetto. Il suo lavoro precedente per i The Doves, infatti, (Sky Starts Falling, del 2005) conteneva già alcuni elementi tipici del suo stile che ritroviamo adesso potenziati: la passione per le danze aeree, le coreografie rigorose, i dettagli curatissimi per la messa in scena d’un racconto d’ambiente verosimile.

Una buonissima combinazione di computer grafica effetti lo-fi e una massiccia esposizione agli arcade games.
Happy Up Here è retrò, è urbano, è luce, ma è molto più di queste singoli elementi. E’ un puzzle complesso che assume senso dopo diverse visioni. La suggestione space invaders è soltanto un canovaccio, l’elemento immediato: lo stile va ricercato altrove. Nel breve sussultare delle architetture, nelle transizioni sul lettering tipiche di tanta motiongraphics ma qui applicate alla realtà (seppur simulata), nelle tonalità ciano e verdi, desaturate, alle quali ci ha abituato la fotografia di paesaggio contemporanea.

Un piccolo gioiello, da esplorare con attenzione.

Articolo redatto da Didier Falzone e Stefano Paron

The Darbotz / Nike

Darbotz è un giovane street-artist indonesiano che declina abilmente le sue doti su vaste pareti o su felpe, sneakers e t-shirts. Abusivo o su commissione, il suo tratto nervoso e veloce ha conosciuto via via sempre più estimatori, fino all’incontro con Nike che lo ha voluto come interprete d’eccezione per la complessa campagna di rivalorizzazione dei propri modelli storici.

La Air Force 1, esistente da ben ventisei anni, è uno degli otto iconici modelli scelti dal brand per dar vita ad una collezione Sportwear permanente, perennemente in evoluzione grazie ai remix ed alle reinterpretazioni da parte di artisti e designers. Una misteriosa e sfuggente creatura creata da Darbotz è testimonial dell’operazione, protagonista di un suggestivo video creato per l’occasione. L’animazione è di Randy Rais, le musiche di Arianjie.

Per la collezione Windrunner Metallic Collection, invece, Nike commissiona a Darbotz una installazione site-specific e avvia la produzione di una serie di video, attualmente in progress, che racconta gli artisti che ispirano e reinventano il marchio in giro per il mondo. Nella clip ambientata a Jakarta l’artista indonesiano, in una sessione di live painting, aggiunge l’oro e l’argento alla sua tavolozza monocromatica e ci racconta delle sue creazioni.

Articolo redatto da Didier Falzone

Fleet Foxes – A Family Affair

L’immersione è una questione di affinità, di scambi. E’ lasciarsi permeare, per scaricare i nervi ed acquisire nuove energie. Con la musica, con le immagini, ci si immerge in universi alternativi, collocati altrove per pochi minuti.
Con i Fleet Foxes è così. Non li ascolti, ti ci immergi.

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Autori di uno dei migliori dischi che ci abbia lasciato l’anno appena trascorso, il quintetto di Seattle capitanato da Robin Pecknold sta, singolo dopo singolo, costruendo un universo visuale parallelo che traduce appieno il loro folk pop sognante in immagini. L’affinità tra musica ed immagine ha, in questo caso, origini genetiche: autore dei video della band è infatti il fratello di Robin, Sean Pecknold, attivo nell’animazione e nella motion graphics. Sotto il nome di Grandchildren (Milk nelle collaborazioni con Matt Daniels) ha già realizzato per la band di Seattle lo splendido video animato di “White Winter Hymnal“, stop motion di magica plastilina ancestrale, ed il bucolico video di “He Doesn’t Know Why“.

Quello che vi proponiamo è il nuovo video dei Fleet Foxes: Mykonos, brano tratto dal primo EP del gruppo e presente sulla riedizione deluxe dell’album.

Il curatissimo Making Of del video vi racconta la lucida follia cartacea della sua realizzazione.

Articolo redatto da Didier Falzone

Motion, Money, Paint & Destroy

N.A.S.A. (North America / South America) è una collaborazione tra musicisti attorno alla quale gravita un gran numero di artisti di altissimo livello, da David Byrne, presente in questo brano, a Tom Waits. “Money”, il video del primo singolo, narra i mali della cupidigia combinando animazione 2D e 3D, portando in vita le illustrazioni di Shepard “Obey” Fairey, recentemente onnipresente grazie al successo del famoso poster “Hope” per Obama.
La regia è di Paul Grisworld e Syd Garon, che seppure di base ad un giorno di viaggio l’uno dall’altro (Indiana / California), lavorano insieme sugli stessi file istantaneamente aggiornati grazie alla release beta d’una applicazione di condivisione on-line. Tra i software prediletti dal duo, Softimage XSI e Eyeon Fusion.

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Forse il risultato non è particolarmente innovativo, snodandosi su una serie di soluzioni alquanto tradizionali, ma l’impatto visivo è degno di nota grazie alle potenti illustrazioni di Obey che, probabilmente, vedremo ancora associato alla motion graphics.

Credits:
Brano: N.A.S.A. featuring David Byrne, Chuck D., Ras Congo, Seu Jorge, DJ Z-Trip.
Regia: Syd Garon & Paul Griswold.
Produzione: Susan Applegate.
Artwork Originale: Shepard Fairey.
Artwork Addizionale: Jennifer Fujikawa, Philip Lumbang.

Articolo redatto da Didier Falzone

Ceci n’est pas une publicité

Attenzione: questo non è uno spot. Sì, magari vien reclamizzato un prodotto, magari si tratta delle nuove sneakers Lacoste in edizione limitata, ma questo non è uno spot. E’ piuttosto un cortometraggio, un piccolo delirio surrealista d’icone francesi: la baguette, la tour Eiffell, il can-can ed un onnipresente basco.

Regia del duo Stéphane Rogeon e Ludovic Vernhet, in arte SL Co., e post-produzione della francese Mathematics; un visual pulito e lineare, suggestivo nella sua semplicità.

Le sneakers le potete trovare da Colette, a Parigi, il video lo trovate qui.

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Cliente: Lacoste X Shoes Up Magazine
Produzione: The Ebeling Group / UFO / Les Telecreateurs
Regia: Sl-Co / Ludovic Vernhet@UFO
Animazione: Ufo/Sl-Co
Post-Produzione: Mathematic

Articolo redatto da Didier Falzone

Beck – Parte II: Eccesso d’informazioni.

Parte II: Eccesso d’informazioni. Pupazzi, nausea e video-stars.

The Information (2006), il successore dei Gueri, è carta bianca creativa e completo D.I.Y. sin dall’artwork, ovvero un quadrato di carta millimetrata accessoriato d’un tot di stickers per personalizzarlo. L’album esce in edizione deluxe con un folle dvd: una raccolta di video, uno per ognuna delle canzoni dell’album. A dirigerli, oltre allo stesso Beck, il produttore Nigel Godrich (noto al grande pubblico per la sua collaborazione con i Radiohead) e la fotografa americana Autumn de Wilde (fotografa di Elliott Smith, tra gli altri). Il concept del lavoro è molto semplice: nessuna alta tecnologia, nessuna finezza compositiva, solo rudi filmati su green-screen maleducatamente lavorati in post-produzione. Ancora una volta, così come avvenuto in Guero Dvd, l’obiettivo è realizzare una versione visual dell’album, e la mossa rivela una piena consapevolezza dei subentrati modelli di fruizione della musica on-line. Se c’è infatti chi ascolta interi album in anteprima su YouTube, nulla di meglio che un video ad hoc per brano.

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E così Think I’m In Love si traduce in improbabili transizioni e contrastatissime sovrapposizioni di figuranti in tenuta sixties,

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We Dance Alone è un omino-pixel danzante ed abuso di threeshold,

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1000bpm è la scusa per utilizzare il costume da orso appena noleggiato. L’allegra combriccola genera un’altra decina di clips di tal fatta.

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Se le blips di Thom Yorke e soci eran leggere pasticche monodose, le clips di Beck son colorate tavolette effervescenti, capaci di far frizzare un’intera bottiglia.

Ovviamente, ampia attenzione vien prestata anche al mercato tradizionale del video: Cell Phone’s Dead è un elegante morphing continuo tra uomo ed arredo d’interni concepito da Michel Gondry. Suppellettili volanti, porte animate ed una città espressionista sullo sfondo: atmosfere magicamente editate da Fly Studio (3D, color-correction, compositing). Un universo elegante, affascinante. Forse pure troppo: Cell Phone’s Dead ha dunque anche il suo doppio lo-fi, sporco confuso e popolato da personaggi assurdi: non si può non pensare a Rambo, Jane Fonda e Falco. Tutto nello stesso video.

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Anche Nausea ha un suo video ufficiale, girato da Patrick Daughters (Yeah Yeah Yeahs, Feist) di The Directors Bureau. Si tratta di un’ideale continuazione della promenade losangelina del video di Girl, vista però da un punto vista ben diverso: la scottante realtà della finzione. Complici le suggestioni cinematografiche di un The Truman Show, (ma anche della fotografia di un Crewdson o un Lorca diCorcia) i visionari e sincronizzati avvenimenti della realtà vengono svelati per quello che sono, ovvero attente ricostruzioni messe in scena in una città-set.

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Ma ovviamente non basta. La Nausea produttiva prevede un secondo video sullo stesso brano totalmente interpretato da pupazzi. Creati da Puppetown Productions e animati da alcuni dei professionisti che avevan dato vita a Team America, sono i protagonisti di una clip diretta dal poliedrico Keith Megna. Che, tanto per gradire, realizza un video anche per We Dance Alone portando in giro per la città un enorme pupazzo gonfiabile.

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Da notare come, conscio del valore aggiunto del visual, Beck porti spesso elementi anticipati dai suoi video nelle esibizioni live. Così come si era fatto accompagnare dagli orsi-rappers del video di 1000bpm, dividerà il palco anche con gli alter-ego pupazzo che lo accompagneranno per tutto il tour.

Il 2008 è l’anno di Modern Guilt. L’album esce a Luglio, ma ovviamente la vena produttiva di Beck non ha pace: già nel mese di Giugno circola sulla rete un trailer del nuovo album. Un montaggio in bianco e nero di warholiana (e William Klein-iana) memoria anticipa contenuti ed immagini dell’album imminente. Nulla è lasciato al caso, ed il classico promo diventa così opera a se stante, stuzzicante aperitivo del lavoro che verrà che, tra edizioni classiche, ri-edizioni redux e camei dal grande schermo, si avvicina sempre più ai modi comunicativi del cinema pur rimanendo videoclip.

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Il primo singolo estratto è Gamma Ray, il video è diretto da Autumn de Wilde. Tutte le caratteristiche visive tipiche sono presenti, ma il prodotto finale si avvicina molto di più al videoclip tradizionalmente inteso: è un equilibrio sottile tra non-sense, trovate classiche e puri piaceri visivi. E’ questo equilibrio la vera forza implicita; l’apparente caos ha in realtà un suo ordine ed un precisissimo diktat estetico: il bianco e nero sgranato alternato al colore, i curiosi primi piani,i molteplici rimandi alle avanguardie – sia nello stile, che nei contenuti.

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Ma, come nel caso di CellPhone’s Dead, anche qui Beck sente la necessità del doppio sporco, arty e cattivo: nasce Gamma Ray Redux. Il risultato è pero molto elegante nel suo essere rude, sarà per il fascino della bellissima e controversa Chloe Sevigny, qui in versione body-painted, sarà per l’immaginario visivo di Jess Holzworth, fashion-designer prestata al video i cui collage sono stati animati da Eight VFX (lo studio dietro i famosi commercial HP diretti da Olivier Gondry).

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Consueta passeggiata per Los Angeles nel video in b/n di Modern Guilt, uscito in contemporanea (Ottobre 2008). Qui però è lo stesso Beck il regista (così come nel precedente Orphans) e partorisce un semplice, buffo ma dolce cortometraggio con finale a sorpresa.

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Infine, ma certi che nel frattempo qualche altro video sia in corso, l’ultima creazione: il video per Youthless realizzato dall’australiano Kris Moyes, affiliato di The Directors Bureau.
Qui fascinazioni piuttosto diffuse, quali i pupazzi e la stop motion, vengono portati ad un livello superiore: Moyes da vita ad una stramba galleria di fantocci Beck-simiglianti rivelando una creatività ed un’originalità eccezionali. Più motion-sculpture che graphics, vediamo succedersi il metallico Becktallica, il marmoreo Beckhoven, la star David Beckhand, in un gioco di ruoli e di scambi che ben descrivono le molteplici personalità del nostro Eroe Mutante.

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Articolo Parte 1

Articolo redatto da Didier Falzone

MotionMusic Feature: Essere Beck Hansen. (Pt1)

Parte I: Downgrade d’un Eroe.
Beck to the future.

“mtv makes me wanna smoke crack fall out of the window and I’m never comin back mtv makes me wanna get highcan’t get a ride no matter how I try, and everything’s perfect, and everything’s bright, and everyone’s perky, and everyone’s uptight.  I love those videos I watch ‘em all day”

Beck Hansen, o semplicemente, Beck, è un gran casinista.
Non è questione di suoni, non è questione di mix. E’ una questione di approcci.
Se la prima necessità d’un musicista è quella di ritagliarsi un ruolo nel complesso sistema dello show-business, Beck ha optato per il collage: le fonti sono riconoscibili, ma l’accostamento è bruto, la colla sbava sulle immagini.
L’alternative loser annoiato da Mtv, in particolare, ha sempre avuto un rapporto speciale con la forma videoclip, intesa come insostituibile complemento del suono. Complice Gondry, ad esempio, ha creato piccoli capolavori del genere (Deadweight nel 1997 e Cellphone’s Dead nove anni dopo) e, con il passare degli anni e l’evoluzione del suo percorso artistico/ musicale, ha abbracciato sempre più i versanti dell’animazione e della sperimentazione.

Grafico, fotografo e artista nella vita privata, nipote di quel Al Hansen habituè della Factory che con Yoko Ono e John Cage animò il movimento Fluxus, Beck va senza subbio oltre la figura del musicista che utilizza i video per promuovere i suoi album. Stop motion, cartoon-style, pupazzi e travestimenti; motion graphics hi-tech e deliri di scontorni: avvalendosi delle migliori menti creative, ha messo su un repertorio visivo dall’immaginario coerente e fortemente evocativo. In particolar modo, ci interessa la fase più recente della videografia Beckiana, ovvero quella successiva ai riflessivi orizzonti di Sea Change. Molteplici le tecniche, i colori, i movimenti e le modalità di “musica in movimento” che hanno accompagnato i suoi ultimi album.

“Guero” (2005) album spiazzante e sghembo frullato dalle molteplici ispirazioni, è presentato al pubblico con il singolo E-Pro.

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In un immaginario Dia de los Muertos messicano, Beck diventa centro dell’universo per le geniali menti del collettivo Shynola: sospeso a mezz’aria ed animato da veri puppetters tramite dei fili, viene calato in scenari al neon tra cimiteri e scheletri danzanti, dando vita ad una sorta di “incubo prenatalizio” beck-style. Due mesi di post-produzione dopo, il video era pronto, tranne che per il finale. E così rimase. Primo video che può permettersi di finire così, di schianto.

Il secondo singolo estratto è Girl , e la qualità dello studio coinvolto rimane ad altissimi livelli. E’ infatti il turno di MotionTheory che, anticipando l’esplosione della pop-up mania nei video musicali, riesce addirittura ad andare ancora oltre.

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Prendendo ispirazione dai geniali fold-in di Al Jaffee su Mad Magazine, la natìa Los Angeles viene ripiegata su se stessa come in una complessa sessione di origami. Conscia del grande effetto della soluzione, MotionTheory utilizzerà in seguito il giochino anche in un commercial per la HP.
Il terzo singolo da Guero è Hell Yes, affidato a Garth Jennings, di Hammer & Tongs. Ovvero i realizzatori di video memorabili come “Coffee&Tv” per i Blur , “Imitation of Life” per i R.E.M e “Right Here Right Now” per Fat Boy Slim.

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Per Beck mettono in scena quattro attori davvero speciali: gli unici esemplari esistenti all’epoca di robot QRIO della Sony. Tre settimane di programmazione Made-in-Japan per ciascun robot per poter creare le coreografie del video. E qui non è tanto la tecnologia il punto focale del discorso,ma piuttosto il modo di proporsi visivamente: la medesima ispirazione robotica che diventa intima e sensuale nella Bjork cunninghiama di All is Full of Love, è in Beck ironica e cabarettistica. Nessuna concentrazione sul sensazionalismo tecnologico: interferenze e sovrimpressioni richiamano lo stile video tipico di Beck.

Il video per Black Tambourine prende invece vita da un progetto artistico collaterale di Beck. Il regista Adam Levite, in arte Associates in Sciences realizza l’animazione tramite la conversione frame by frame del girato in caratteri ASCII e i tipi di GrandMediaInteractive si occupano della messa in moto dei caratteri. La cosiddetta ASCII Art conobbe un certo successo in quel periodo, considerata anche la relativa semplicità della lunga operazione.

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“Gameboy Variations” è invece un EP, uscito nello stesso anno, contenente dei remix di Guero, e Beck non perde occasione per proporre nuovi video, sebbene soltanto on-line. Se il game-boy è uno dei mezzi di produzione di suono, i video non potranno che essere ad 8 bit, così Hell Yes diventa Ghettochip Malfunction con un’animazione diretta da Mumbleboy, artista old-school che crea una sorta di videogioco primi anni ’80 zeppo di animazioni flash sghembe e dai colori vividi.

Il brano Que’ Onda Guero, remixato e diventato Gameboy/Homeboy, mantiene l’immaginario 8bit traducendolo in un flash sporco e infantile.


Autori del video sono E*Rock e Paper Rad, introdotti al mondo dell’animazione proprio dall’amico comune Mumbleboy; soddisfatti dell’esperienza, i due formeranno in seguito a questa collaborazione il collettivo Wyld File. Clarificatorio dello stile, il Dogman 99 che si sono imposti: “no Wacom tablet, no scanning, pure RGB colors only, only fake tweening, as many alpha tricks as possible”. I Wyld File realizzeranno altri due video per l’EP: Bad Cartridge e, sullo stesso stile, Bit Rate Variations in B-Flat, a completare la trilogia.





I progetti artistici collaterali a Guero, e nuove elaborazioni video sono stati poi raccolti in un DVD realizzato da D-Fuse, collettivo multidisciplinare che spazia dall’arte alle performance, dai visuals ai videoclip. Specialisti nel campo degli audiovisuals, hanno anche curato un libro sull’argomento, edito da Laurence King Publisher: “VJ: Audio-Visual Art + Visual Culture”.
Il DVD Guero è una interpretazione della musica di Beck sotto forma di visuals: ben trentuno “textural movies” e “vision-scapes”, due animazioni video per ciascuno dei tredici brani, tre set di sottotitoli grafici attivabili a piacimento. Combinando le diverse possibilità si possono ottenere ben 104 esperienze visive diverse e personali, dando vita ad un prodotto unico nel suo genere che rappresenta l’apice dell’esperienza visiva/auditiva.

Articolo redatto da Didier Falzone

Megaforce for Metronomy

La band si chiama Metronomy: vengono da Londra, suonano qualcosa che potremmo definire elettropop e, a giudicare dalle camicie, hanno eletto Magnum PI ad icona di stile.

Il video di “A Thing For Me”, spassosissimo, è stato realizzato dal collettivo francese Megaforce, ovvero Raphaël Rodriguez e Charles Brisgand di SPAM!, Clement Gallet e Leo LeBug. Attivi in vari settori, dalla pubblicità alla musica, i quattro designers hanno deciso di metter su la label Megaforce, esclusivamente dedicata ai video musicali.
Abbiamo chiacchierato con Charles e Raphaël per farci raccontare qualcosa su questo lavoro.

Da cosa nasce l’idea alla base del video? Siete stati colpiti da un pallone durante una sessione di karaoke?
Eravamo tutti quanti dei calciatori prima. In realtà è proprio così che ci siamo incontrati, quindi il pallone è per noi un elemento speciale. E l’idea del karaoke è venuta poi spontanea.

Che mi dite della location? Gli interni della casa à sono un po’ à la Martin Parr ..
Abbiamo trovato la casa tramite un nostro amico. Avevamo a disposizione o questa o un appartamento di sole due stanze di un metro e mezzo d’altezza…. Beh, abbiamo scelto la casa!

Cosa avete utilizzato per la post-produzione?
Praticamente abbiamo fatto tutto con iMovie, poi il nostro amico Fred ci ha aiutato con la palla 3D realizzata in SketchUp.

Potete rivelarci qualcosa sul vostro manifesto “lo-fi”? Suvvia, lo so che ne avete uno!
Ma no, nessun manifesto “lo-fi”: è soltanto che non avevamo grossi budget a disposizione! I video “a bassa fedeltà” dipendono fondamentalmente dalle possibilità economiche, e poi – certo – dal tipo di idea e dalla band. Ci siamo inseriti nel mondo dei video musicali da poco (i video per Late of the Pier e Naive New Beaters. Ndr.), e vogliamo esplorare quante più direzioni possibili.

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Credits:
Client: Metronomy
Production Company: El Niño/ Soixan7e Quin5e, Paris
Director: Megaforce


Articolo redatto da Didier Falzone